L’approvazione della variante al piano operativo regionale 2016, pur consentendo di mettere in sicurezza le giornate contributive, non dissolve le nubi sul futuro del settore forestale. Sullo sfondo resta la questione, ormai non più rinviabile, di un generale riassetto organizzativo del settore. Negli ultimi anni nella nostra regione si è molto discusso su come modellare la governance della forestazione dopo la decisione di smantellare le comunità montane, enti che avevano un’importante funzione di presidio e di sviluppo economico e sociale delle aree montane, e di passare alle aree programma. Oggi possiamo dire, senza tema di smentita, che questo modello non ha funzionato per tutta una serie di ragioni, in particolare per la frammentazione decisionale che ha creato non pochi problemi nella gestione operativa dei cantieri forestali. Da qui la necessità, che è venuta maturando anche nel legislatore regionale, di mettere di nuovo mano alla governance del sistema.
La più volte annunciata costituzione di un’agenzia forestale in cui far confluire tutti i progetti del settore è la soluzione che noi, come Fai Cisl, caldeggiamo purché si configuri come una struttura di progetto e di coordinamento snella incardinata nel dipartimento regionale all’ambiente, onde evitare la creazione di un costoso carrozzone che finirebbe per drenare risorse ai cantieri per destinarle alla parte amministrativa e progettuale. Una tale soluzione, con ben determinati paletti, avrebbe il pregio di consentire una gestione unica e organica del settore come premessa per una forestazione ancora più efficiente ed efficace.
Stiamo parlando di un settore tutt’altro che marginale in termini di valore economico per le risorse impegnate; in termini di ricaduta sul tessuto sociale, soprattutto per le asfittiche economie delle aree interne dove rappresenta spesso l’unica concreta alternativa all’emigrazione; infine per gli effetti positivi che determina nella prevenzione del dissesto idrogeologico in un territorio, come detto, caratterizzato storicamente da una grande fragilità. Proprio la fragilità del territorio lucano evidenzia quanto sia importante investire nella forestazione per mitigare il dissesto idrogeologico e ridurre i costosi interventi a valle dei disastri.
La sfida è dunque costruire una forestazione moderna che vada oltre la storica funzione di manutenzione del patrimonio boschivo ed ambisca ad essere motore di sviluppo delle aree interne attraverso la valorizzazione delle biodiversità e del paesaggio. Siamo perciò fermamente convinti della necessità di ampliare lo spettro di azione della forestazione oltre alla consolidata funzione di tutela e manutenzione del patrimonio boschivo: penso alla filiera legno-energia; alla valorizzazione del patrimonio del sottobosco; alla creazione di un’arboricoltura da frutto; alla valorizzazione turistica e socio-culturale delle foreste; alla tutela delle biodiversità.
Si tratta in altri termini di riempire di contenuto la formula molto utilizzata della cosiddetta forestazione produttiva, da affiancare alla tradizionale forestazione protettiva, e di immaginare nuovi modelli organizzativi per rendere l’investimento in attività di forestazione più efficiente e più efficace. Il settore della forestazione deve essere messo nelle condizioni di produrre valore sociale tangibile e di essere elemento di competitività del territorio in una logica multifunzionale e di filiera, con l’obiettivo di fare della montagna lucana una piattaforma di sviluppo in grado di attrarre capitali, conoscenza e risorse umane e di creare coesione sociale e valore economico per i territori e le comunità locali, frenando al contempo lo spopolamento delle aree interne.
*Segretario generale Fai Cisl Basilicata