Saranno circa un migliaio i braccianti agricoli lucani che parteciperanno, sabato 25 giugno, alla manifestazione nazionale contro il caporalato organizzata dai sindacati di categoria Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil. Una scelta non casuale, quella di tenere la manifestazione nazionale nel capoluogo pugliese, in considerazione del fatto che, pur essendo un fenomeno diffuso a livello nazionale, il caporalato assume nel Mezzogiorno i connotati di una vera e propria emergenza sociale. Il tema è stato al centro, oggi a Potenza, del consiglio generale della Fai Cisl, alla presenza del segretario generale nazionale Luigi Sbarra, una giornata per riflettere sul caporalato e per rilanciare le proposte del sindacato contro il lavoro irregolare in agricoltura.
Per comprendere la gravità del fenomeno basta guardare i numeri. Secondo uno studio di The European House Ambrosetti a livello nazionale sono 400 mila i lavoratori coinvolti dal caporalato – l’80% sono stranieri – con un salario giornaliero del 50% inferiore a quanto stabilito dai contratti nazionali, pari a circa 25-30 euro per più di 12 ore di lavoro. Pessime le condizioni di lavoro: il 72% dei lavoratori contrae malattie durante le stagioni agricole; il 64% non ha accesso all’acqua corrente; il 62% dei lavoratori stranieri impegnati nel settore non ha accesso ai servizi igienici. E c’è anche chi nei campi trova la morte: solo nell’estate 2015 sono state almeno 10 le vittime del caporalato. Notevole il danno anche in termini di mancate entrate contributive, quantificate in circa 600 milioni di euro all’anno.
La Basilicata non è esente dal fenomeno del lavoro irregolare in agricoltura. In base ai dati forniti dal coordinamento politiche migranti della Regione Basilicata nel 2015 Inps e ispettorato del lavoro hanno scoperto 950 lavoratori irregolari, in gran parte stranieri, e sanzionato 450 imprese agricole. Nella sola zona del Bradano l’attività ispettiva delle autorità competenti ha rilevato che, a fronte di 840 unità migranti assunte da 190 aziende, 12 aziende sono risultate irregolari, mentre su 395 lavoratori controllati, 43 sono risultati irregolari. Il settore primario dà lavoro in Basilicata a circa 30 mila braccianti, di questi 25 mila sono stranieri. Solo il distretto nel distretto del Metapontino – il più grande polmone agricolo della regione – sono impegnati 14 mila lavoratori stranieri. Numeri che confermano una tendenza ormai consolidata nei paesi avanzati: senza il contributo determinante della manodopera straniera – comunitaria o extracomunitaria – l’agricoltura lucana sarebbe in ginocchio.
In attesa che il disegno di legge governativo che inasprisce le pene per i caporali e incentiva il lavoro agricolo di qualità diventi legge (il ddl è ora in discussione al Senato), lo scorso 27 maggio a Roma i ministeri dell’Interno, del Lavoro e dell’Agricoltura, cinque regioni meridionali (compresa la Basilicata), le parti sociali e le organizzazioni del terzo settore hanno siglato il protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura (cosiddetto patto del Viminale). L’intesa ha come finalità principale il sostegno ed il rafforzamento degli interventi di contrasto al caporalato e allo sfruttamento su tutto il territorio nazionale, a partire dai territori di Bari, Caserta, Foggia, Lecce, Potenza, Ragusa e Reggio Calabria.
Per il segretario nazionale della Fai Cisl, Luigi Sbarra, “il patto del Viminale è un formidabile passo verso quella controffensiva partecipata che da molto tempo la Fai Cisl invoca. La nostra disponibilità a mettere a disposizione competenze, energie, risorse progettuali e strumentali è completa. Ora aspettiamo di essere convocati sui territori per passare subito alla fase operativa. Il sostegno che il sindacato può dare in termini di presidio, sicurezza, governance del mercato del lavoro, gestione dei flussi, innalzamento dei servizi alla persona è determinante. Attraverso gli strumenti della contrattazione nazionale e di secondo livello e della bilateralità possiamo mettere un argine allo sfruttamento e contrastare il lavoro nero, ma anche rilanciare la formazione e promuovere integrazione e cultura civica. Dobbiamo adottare un approccio dal basso che coinvolga la rete di prossimità del mondo del lavoro per stabilire quote e flussi coerenti con i fabbisogni delle imprese, sostenere i bisogni delle persone, verificare e valorizzare la disponibilità di beni pubblici inutilizzati, mettere in campo vera e concreta progettazione sociale sussidiaria. L’importante ora è non spegnere i riflettori e tenere vivo questo metodo di lavoro. Occorre sbloccare subito in Senato il ddl di novembre – continua Sbarra – per cui scenderemo in piazza a Bari il 25 giugno, e non va abbassata la guardia sulla piena attivazione territoriale della cabina di regia e della rete del lavoro agricolo di qualità per stabilire convenzioni, promuovere politiche attive, orientare i controlli in modo partecipato”.
Riflettori del sindacato puntati anche sul fenomeno voucher, il cui utilizzo in Basilicata, secondo una ricerca dell’Inps, è cresciuto dal 2014 al 2015 del 61,4%, con quasi 850 . Sulla questione dei voucher dure critiche dal leader della Fai Cisl alla scelta del governo di alzare da 2 mila a 7 mila euro il tetto massimo consentito per la remunerazione in agricoltura attraverso i voucher, scelta bollata come “sbagliata, iniqua, in grado da sola di smantellare e destrutturare il rapporto di lavoro subordinato in agricoltura, e che pertanto va rimossa. L’estensione fino a 7mila euro dei buoni per lavoro occasionale – aggiunge il leader della Fai Cisl – configurerebbe una vera tipizzazione che colpirebbe le contrattualizzazioni, promuovendo forme di lavoro che negano il diritto all’assistenza, al Tfr, alla malattia, agli ammortizzatori sociali. La strada da percorrere va nel senso opposto: occorre ridurre il volume consentito, controllare l’effettivo rispetto della legge, affidare alla contrattazione la definizione delle nuove regole. La questione va affrontata nel suo complesso, definendo limiti invalicabili, che riconoscano le specificità del lavoro occasionale agricolo, che vive di stagionalità e di rapporti di brevissima durata”.
l.can